"L'occasione persa di Bruno Vespa" di Silvia Motroni

Non si era ancora spenta l'eco delle proteste sul caso del femminicidio Palmisano che un altro giornalista dimostra una totale insensibilità nel trattare un tema così delicato come la violenza su una donna.   I fatti sono noti, Vespa intervista Lucia Panigalli, scampata una prima volta ad una violenta aggressione da parte dell'uomo con cui aveva una relazione e scampata una seconda volta ad un omicidio commissionato dallo stesso uomo, ma poi non messo in pratica dal complice. Una donna che ormai vive praticamente segregata in casa, perchè a pochi chilometri abita proprio l'uomo che l'aggredì. Una storia che poteva essere un'occasione per dare la parola a chi porta su di sé gli effetti  nefasti della  violenza maschile  e invece è diventata l' esempio perfetto della pessima conduzione di un'intervista, in cui  Vespa è riuscito nell'intento di far quasi scomparire la responsabilità dell'aggressore, trasferendo sulla donna intervistata l'onere di giustificarsi rispetto alla violenza subita. Vittima due volte quindi.   Tante voci autorevoli, tra cui le Cpo dell'Ordine nazionale dei Giornalisti, di Fnsi e Usigrai, si sono levate per protestare contro questo discutibile uso del servizio pubblico. Proteste alle quali Vespa risponde quasi incredulo di così poca comprensione per il suo lavoro.   Ancora una volta dobbiamo sottolineare che l'incomprensione totale è di quei colleghi giornalisti che come lui pensano che a giustificarsi debbano essere le donne, quelle che vengono aggredite, uccise, e pure quelle che sopravvivono, ritenute "fortunate", come più volte Vespa ha tenuto a sottolineare durante l’intervista. Donne spiegateci voi perché gli uomini vi trattano così, perché alla fine un motivo c'è sempre…   Il caro Bruno non ci risparmia nessun stereotipo e anzi indugia compiaciuto sul troppo amore dell'uomo, sulla durata del rapporto, fino ad arrivare al colmo di sostenere che in fondo se la voleva ammazzare davvero l'avrebbe fatto, quasi a sottolineare che, insomma, forse più che un tentato omicidio si è trattato di una scaramuccia amorosa.   In questi casi gli strumenti disciplinari, pur importanti e necessari, nei confronti di chi trasgredisce così platealmente ogni regola deontologica,  non bastano. È necessario lavorare su quel cambiamento culturale che come giornalisti e giornaliste dobbiamo contribuire ad attuare. Ogni giorno, in ogni circostanza, vigilando sul nostro lavoro e chiedendoci ogni volta se abbiamo fatto abbastanza per raccontare una storia di violenza contro una donna nel modo giusto, lasciando da parte tutti gli stereotipi. Abbiamo il codice deontologico e il Manifesto di Venezia che possono darci una mano, usiamoli.   Come Ordine della Toscana proseguiremo con sempre maggiore impegno nella promozione di una formazione che fornisca ai colleghi tutti gli approfondimenti e gli strumenti utili nel lavoro quotidiano, perché su certe notizie le donne non debbano più subire atteggiamenti irrispettosi e l’uso  di un linguaggio sessista e non rappresentativo della reale portata del dramma dei femminicidi e della violenza di genere.   Silvia Motroni Segretaria OdG Toscana  

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