The State of the Union: Media Freedom Act nuovo punto di riferimento per i giornalisti
Libertà di espressione, rispetto del pluralismo e correttezza dell’informazione avranno presto nuovi regolamenti europei: il Media Freedom Act e il Digital Service Act. Delle novità normative in arrivo si è discusso alla tavola rotonda “Liberi di disinformare?” organizzata dalla Scuola Normale Superiore di Pisa all’altana di Palazzo Strozzi con Marco Bastiani della Fondazione Ordine dei Giornalisti della Toscana, Elda Brogi del Center for Media Pluralism and Media Freedom, Alessia Giannoni di Cospe Onlus e Andrea Carrubba della Regione Toscana. L’evento si è tenuto a margine di The State of The Union 2023, la due giorni di approfondimenti organizzata da EUI (European University Institute), di cui Fondazione e Ordine dei Giornalisti della Toscana sono partner per il secondo anno consecutivo, che ha riunito a Firenze docenti, ricercatori e leader europei per discutere di Europa. “Il Media Freedom Act ha molti punti rilevanti che lo rendono un buon pilastro per la professione – ha sottolineato Marco Bastiani – Fra questi, l’armonizzazione delle norme fra Paesi europei e la forte tutela delle fonti e del segreto professionale, tanto che potrebbe suggerire al Parlamento italiano di aggiornare l’articolo 200 del Codice di procedura penale che, pur riconoscendo il segreto professionale per i giornalisti, consente interventi invasivi da parte della magistratura. Inoltre, si garantisce la difesa della libertà dei giornalisti da tentativi di controllo con spyware o altri dispositivi. Non sarà possibile per gli Stati sanzionare, intercettare, sottoporre a sorveglianza o perquisire i professionisti dell’informazione”. Tutti argomenti che l’Ordine dei Giornalisti aveva suggerito alla Commissione europea partecipando al processo di dibattito pubblico per la formazione della legge con un documento inviato a Bruxelles nel marzo 2022 e con un’audizione al Senato del presidente nazionale Carlo Bartoli il 10 gennaio 2023. Ci sono però punti anche sui quali il Media Freedom Act è carente. “Potrebbe riconoscere meglio il libero accesso alle fonti istituzionali, a partire da quelle riguardanti gli atti d’indagine, che in Italia confligge con alcune interpretazioni restrittive della norma sulla presunzione d’innocenza – ha proseguito Bastiani – Sarebbe indispensabile anche fissare criteri sul rapporto fra libertà d’informazione e diritto all’oblio, che non può valere per fatti di grande rilevanza come vicende di mafia, criminalità organizzata, terrorismo o crack finanziari. L’auspicio poi è che la nuova cornice normativa serva anche per rendere inutili o controproducenti le querele bavaglio, azioni giudiziarie di stampo intimidatorio che sono una vera minaccia per la libertà di tutta l’editoria medio piccola, a iniziare da quella online”. Per quanto riguarda il Digital Service Act, che disciplinerà tutte le piattaforme online, i punti apprezzati da giornalisti e associazioni dei cittadini sono la trasparenza nella pubblicità (si dovrà indicare il committente di ogni messaggio pubblicitario), il divieto di profilazione per dati sensibili e minori, la possibilità di avere un’alternativa ai feed degli algoritmi (un modo per evitare di visualizzare solo post contigui alle proprie idee), il divieto di dark pattern che rendono difficile scelte diverse da quelle suggerite dai siti. “La principale zona d’ombra del regolamento – ha però commentato Bastiani – riguarda la vigilanza, che non può essere affidata alle stesse piattaforme, ma dovrebbe coinvolgere istituzioni e associazioni di tutela dei cittadini”. Il Media Freedom Act è nella fase di approvazione, mentre il Digital Service Act è già stato votato ed entrerà in vigore a febbraio 2024, data entro la quale gli Stati dell’Unione dovranno riconoscerne la competenza per le materie trattate.